Autore |
Argomento |
|
PIETRINI
6 Messaggi |
Inserito - 08/05/2006 : 14:35:53
|
E’ indubbio che, soprattutto quando la ricostruzione cinematica di un incidente stradale è finalizzata al risarcimento del danno e cioè viene svolta in ambito civilistico, spesso viene richiesto al perito ricostruttore un parere anche in termini di responsabilità, per non parlare esplicitamente dei casi in cui l’incarico è affidato dai Giudice di Pace, casi nei quali, molto spesso, il giudice “gradisce” che la conclusione del C.T.U. sia proprio l’attribuzione, motivata giuridicamente, delle responsabilità. Ma anche negli incarichi svolti per la Procura della Repubblica o per il Giudice in un procedimento penale molto spesso nel quesito, oltre alla classica integrazione: “dica il perito ogni altra cosa utile ai fini di giustizia”, è frequente il rafforzativo “..... con particolare riguardo ai profili di responsabilità ......”.
Che la buona, anzi direi ottima ed approfondita, conoscenza delle norme giuridiche che riguardano tutti gli aspetti della circolazione stradale sia necessaria come bagaglio culturale del perito ricostruttore è perciò certo.
Su questo tema, tuttavia, esistono schieramenti opposti: ci sono periti ricostruttori che ritengono irrilevante tale conoscenza ai fini ricostruttivi e ce ne sono altri che invece la ritengono fondamentale; ci sono periti ricostruttori che all’aspetto giuridico dedicano la maggiore attenzione, sia nelle indagini che nella stesura della relazione peritale, ce ne sono altri che contestano decisamente tale impostazione rifiutando di far entrare, sia nelle indagini che nelle conclusioni, l’aspetto giuridico, ritenendolo in tutto e per tutto di competenza e pertinenza del Giudice o del Procuratore nel caso specifico di mandato peritale da questi affidato. Come spesso accade, anche per questa problematica probabilmente vale il concetto “in medio stat virtus”. Inutile tuttavia che cerchi di dare oggettività assoluta a quanto andrò a scrivere dal momento che è inevitabile che risenta dell’opinione di chi lo scrive e quindi tanto vale esprimerla preventivamente questa opinione. Personalmente sono convinto che l’aspetto giuridico sia fondamentale nella ricostruzione di un sinistro stradale e quindi sono in totale disaccordo con quanti “snobbano” o escludono come “non pertinente” tale aspetto.
Dire che l’aspetto giuridico è fondamentale significa dire che deve entrare a pieno titolo e pariteticamente rispetto alle conoscenze tecniche, nelle indagini e nella relazione conclusiva. La difficoltà ed il rischio è che l’aspetto giuridico possa prevaricare l’aspetto tecnico. Certo che, come sempre quando nelle cose si cerca un maggior approfondimento, si corrono maggiori rischi e si aprono maggiori problematiche: la certezza e le facili sicurezze sono solo di chi non si pone i problemi.
Si assiste spesso a ricostruzioni cinematiche di cui è facile, fin dalla lettura delle prime righe della consulenza, comprendere come è sviluppata e come andrà a finire, tanto traspare la finalizzazione di ogni indagine e conclusione ad una ipotesi prefigurata. Questo è principalmente il rischio: farsi un’idea di quali siano le responsabilità implicate già a una prima lettura degli atti e degli elementi su cui si dovrà poi decidere non è corretto ma è sicuramente umano e direi altrettanto sicuramente inevitabile. Far diventare questo approccio emozionale istintivo la guida del nostro operato è non solo sbagliato ma, dal punto di vista professionale, profondamente scorretto e deontologicamente ingiustificabile. In che senso, allora, l’aspetto giuridico è così importante? E’ indubbio che l’attività del perito ricostruttore non è un’attività scolastica finalizzata all’esercizio delle sue conoscenze nel settore, ma è, invece, un’attività fondamentalmente pratica, in quanto deve consentire al Giudice di acquisire quelle conoscenze che gli sono necessarie per emettere un giudizio e poiché il giudizio finale, quello che compete al Giudice, è squisitamente giuridico, è non solo opportuno ma necessario che l’indagine tecnica sia finalizzata ad acquisire elementi giuridicamente rilevanti. Se è vero, come è capitato a tutti, di leggere relazioni scontate perché prendono le mosse da presupposti palesemente pregiudiziali e dettati non dalla ricerca di dati di fatto oggettivi del sinistro in esame, ma esclusivamente dalla ricerca di elementi di riprova a una ipotesi predefinita, è altrettanto vero che molto spesso leggiamo relazioni in cui si dedica ampio spazio, a volte spazio determinante perché sottratto ad indagini più rilevanti, per dimostrare o avvalorare concetti o fatti di nessun rilievo in termini di attribuzioni di responsabilità e cioè in termini giuridici.
Il perito ricostruttore non deve fare ipotesi aprioristiche ma, soprattutto, non deve farsi influenzare da ipotesi semplicistiche ed emozionali di primo impatto ed ancor più deve, in qualsiasi fase della propria attività ricostruttiva, avere l’assoluta onestà mentale e libertà da condizionamenti, non solo esterni ma anche autogenerati, di mettere in discussione qualsiasi posizione, lasciando libera la strada anche a conclusioni opposte a quelle di una prima ipotesi o comunque di altre ipotesi formulate strada facendo.
E’ molto frequente, ad esempio, il caso in cui ad una prima disamina degli atti ci si fa una idea di un comportamento anomalo e pregiudizievole di una delle parti per poi accorgerci, acquisendo tutti i dati necessari e ricostruendo con i dovuti approfondimenti la dinamica dell’evento, che non vi è nulla né di anomalo né di pregiudizievole in quel comportamento, ma che si tratta esclusivamente di un fatto naturale, istintivo, automatico e inevitabile che chiunque in quella situazione avrebbe posto in essere. Ricordo un caso in cui un autotreno svoltava a sinistra dalla pubblica via per immettersi in un piazzale privato tagliando così la strada a una autovettura che proveniva in direzione opposta lungo la stessa pubblica via. L’urto si era concretizzato, con estrema violenza, sullo spigolo posteriore, parte laterale, della barra paraincastro posteriore (paraurti) del rimorchio. Ricordo che, a prima vista, mi era immediatamente venuta spontanea l’osservazione che sarebbe stata sufficiente una leggera deviazione rispetto alla propria traiettoria da parte dell’autovettura per passare dietro il rimorchio evitando così la collisione anziché, come risultava evidente, esercitare esclusivamente l’attività di una frenata estremamente brusca, che si era sviluppata in modo rettilineo e che aveva portato la vettura direttamente a quel tipo di collisione. Sono bastati un po’ di calcoli, peraltro tutt’altro che complessi, per rendermi conto che, nel momento in cui quel conducente aveva così reagito e cioè realizzando una frenata estremamente violenta, l’autotreno gli occupava interamente la strada invadendo con la parte posteriore della motrice e quindi poi con tutto il rimorchio, non solo la semicarreggiata di utenza dell’autovettura ma addirittura buona parte della semicarreggiata opposta: in una simile situazione l’unica reazione ragionevole e sensata era quella posta in essere e cioè una brusca e disperata frenata. Ho portato questo esempio non perché sia particolarmente importante, ma perché è particolarmente frequente ed è sicuramente capitato a tutti. Ciò che ne ho ricavato e che spesso non viene altrettanto rilevato da alcuni colleghi, è proprio l’aleatorietà e superficialità del primo impatto, della prima sensazione.
E allora quando e in che modo una corretta collocazione nell’ambito della ricostruzione cinematica di un sinistro stradale della problematica connessa con l’aspetto giuridico è importante ed utile allo sviluppo dell’accertamento? Se superiamo, come dobbiamo sicuramente superare, la presunzione di poter dare risposte assolute ed assolutamente certe, ci sono molti casi nei quali una ulteriore ricerca di precisione nella risposta, oltre ad apparire presuntuosa, risulta anche insignificante. Oltre a servire da traccia per l’impostazione delle indagini e lo sviluppo dei calcoli necessari alla ricostruzione, l’aspetto giuridico, cioè la corretta individuazione degli elementi giuridici di colpa, ci viene in aiuto per comprendere quando considerare conclusa la nostra ricostruzione. Qualora una variazione modesta dei nostri risultati fosse particolarmente significativa ai fini dell’attribuzione di una responsabilità dovremmo senz’altro approfondire maggiormente quei calcoli e, in mancanza di risultati certi (tenendo conto del livello di certezza che comunque conteggi condizionati da molte variabili non sempre ben note possono dare) non esitare a concludere che non siamo in grado di dare risposta in merito a quel tipo di responsabilità. Va da sé che la certezza di cui parlo non è mai una certezza assoluta e spesso neppure una certezza matematica, ma più spesso una certezza in termini giuridici: se il calcolo sviluppato porta, ad esempio, ad una velocità compresa tra i 70 e gli 80 km/h e l’andamento del sinistro è tale che le responsabilità implicate non risentano minimamente di tale forbice ed anzi non risentirebbero neppure di una variazione più ampia, allora si può ritenere concluso il nostro compito ricostruttivo e certo quel risultato, pur impreciso. Questo è già un primo riscontro dell’importanza dell’aspetto giuridico: la finalizzazione della ricostruzione all’individuazione dei profili di colpa. Senza questa impostazione rischieremmo di non poter mai concludere un’indagine ricostruttiva non potendo mai raggiungere un’assoluta certezza di risultati (a meno di pedanteria e presunzione).
Ma è vero anche l’esempio contrario. Qualora una variazione anche apparentemente modesta dei risultati implicasse una diversa interpretazione delle responsabilità coinvolte dovremmo sicuramente dedicare più tempo alla verifica di quel dato e soprattutto acquisire maggiori certezze sulla possibilità di approfondirlo oggettivamente. Alcuni esempi per chiarire questo concetto. Ammettiamo di aver potuto calcolare, utilizzando al meglio tutti gli elementi a disposizione, una velocità per uno dei mezzi coinvolti (gli aspetti fondamentali connessi con la ricostruzione degli incidenti sono spesso legati alla velocità) intorno ai 60 Km/h. Avendo certezza che tale dato, calcolato matematicamente, risente necessariamente ed inevitabilmente dell’utilizzo di certi parametri, ad esempio dei coefficienti di aderenza o, se vogliamo, di decelerazione, delle più o meno esatte misure trasferiteci dai rilievi eseguiti dalle autorità, della più o meno esatta attribuzione di assorbimento di energia a una deformazione ecc., dovremmo operare secondo due diverse linee guida: -la prima, quella di verificare la forbice massima compatibile con i dati e parametri oggettivamente pertinenti e cioè rieseguire gli stessi calcoli attribuendo di volta in volta i valori minimi ed i valori massimi a tutte quelle variabili a cui possiamo riconoscere credibilità. In tal modo otterremo un valore minimo ed un valore massimo matematicamente compatibili con l’evento (comunque entrambi soggetti a giudizio di attendibilità e non di certezza). Dovremo perciò riferire questi risultati alla situazione specifica verificando come e quanto cambi l’interpretazione in termini di responsabilità oggettive a seconda che si dia maggiore credito all’uno o all’altro dei risultati. -In seconda battuta dovremmo preoccuparci di verificare quanto una piccola variazione del dato a cui diamo maggiore credito di affidabilità e cioè di quello che riterremmo poi di assumere incida sul risultato complessivo. Se a una velocità di 60 Km/h, come calcolato, il mezzo fosse risultato fuori del campo di avvistamento del suo antagonista ed a 50 Km/h rientrasse invece in tale campo di avvistamento è evidente che la differenza diventerebbe sostanziale e quindi oltre a procedere come già descritto, rifacendo comunque i calcoli con i minimi e con i massimi delle variabili per ipotizzare qual’è la forbice massima di errore compatibile o possibile, dovremmo anche, qualora questa forbice fosse nettamente superiore ai due estremi 50 e 60 Km/h, che consentono situazioni così differenti in termini di responsabilità, avere il buon senso ed il dovere di segnalare l’impossibilità di dare certezza in merito a un elemento fondamentale ai fine dell’attribuzione delle responsabilità come quello dell’avvistabilità o meno. Un altro esempio finalizzato a dimostrare l’importanza dell’aspetto giuridico. Prendiamo un caso tra i più frequenti: un’autovettura si immette in un incrocio oltrepassando la linea di arresto del dare la precedenza e viene a collisione con un’altra che sopraggiunge lungo la via con diritto di priorità a velocità elevata. Il più classico caso di concorso di responsabilità (con tutte le implicazioni che questo termine significa, completamente diverse, ovviamente, nel procedimento penale rispetto al procedimento civile). La domanda è: sotto l’aspetto della responsabilità e quindi giuridico, verificata la velocità oggettivamente eccessiva del mezzo sopraggiungente e soprattutto identificati i valori in ordine di grandezza di tale velocità, è oggettivamente implicata allo stesso modo la responsabilità se il mezzo risultava comunque nell’ambito di avvistabilità da parte del veicolo che usciva dal dare la precedenza o se tale mezzo era oltre la distanza di avvistamento da parte di quest’ultimo? Ed ancora: l’implicazione di responsabilità è la stessa qualunque sia la distanza di avvistamento disponibile? E’ chiaro che le risposte sono in ogni caso negative: una cosa è aver avvistato comunque un veicolo sopraggiungente, avvistamento che quanto meno consente di riscontrare oggettivamente l’interferenza delle traiettorie, indipendentemente dal consentire poi di attribuire a tale possibilità una pericolosità oggettiva o meno, altra cosa è non poter constatare la presenza di alcun veicolo sulla strada con diritto prioritario in quanto la posizione del veicolo è oltre il campo di avvistabilità; altra cosa ancora è che tale campo di avvistabilità sia più che sufficiente a dare garanzia di sicurezza, altra, infine, che comunque l’immissione dal dare la precedenza costituisca pericolo in quanto lo spazio a disposizione per l’avvistamento di un eventuale veicolo sopraggiungente con diritto prioritario è insufficiente, anche con un comportamento prevedibile del veicolo sopraggiungente. Ecco, si tratta di una serie di implicazioni di carattere squisitamente giuridico alle quali il perito dovrà dare risposta formulando tutta quella casistica che consente di avere certezze, per quanto possibile, in merito alle posizioni reciproche, sviluppando altresì quegli approfondimenti che allo scopo possono apparire necessari e che, ad esempio, nel primo caso, quello di una avvistabilità oltre ogni limite di ragionevolezza, non sono neppure richiesti, mentre nell’ultimo e cioè quello di distanza di avvistamento così ridotta da essere di per sé elemento di pericolo, non solo sono richiesti ma devono essere particolarmente approfonditi e con riferimento ad entrambi i comportamenti.
Ecco a che cosa deve servire, a mio parere, il corretto approccio con l’aspetto giuridico nella ricostruzione di un incidente stradale: - ad indirizzare le indagini ricostruttive, per non parlare del sesso degli angeli ma rimanere invece sempre aderenti alla problematica oggettiva che ci viene posta, che non può mai essere disgiunta dalla necessità di attribuire delle responsabilità, sia nel civile che nel penale; - a portare il perito a maggiori approfondimenti laddove questi abbiano un considerevole significato giuridico. - ad indicare quando un’indagine può essere considerata completata, per aver raggiunto o per aver verificato l’impossibilità di raggiungere sufficienti certezze in merito agli elementi fondamentali per l’attribuzione delle responsabilità
L’aspetto della responsabilità o delle responsabilità finisce cioè per guidare sia l’approccio alla ricostruzione che le conclusioni della relazione. “Guidare”, non condizionare tecnicamente!.
Una volta riscontrato qual’è l’aspetto giuridicamente rilevante del problema saranno poi tutte le indagini tecniche, senza pregiudizi e preconcetti, a consentire di acquisire gli elementi per dare una risposta e non dovrà essere un pregiudizio di responsabilità, al contrario, a servire da scusa per ricercare solo quegli aspetti che sono favorevoli all’ipotesi preconcetta. Allo stesso modo, dopo che tutti gli elementi tecnici ci hanno consentito di giungere a valutazioni tecniche, queste dovranno a loro volta di nuovo essere assoggettate al vaglio delle implicazioni giuridiche per verificare se siano già sufficienti o se meritino ulteriori approfondimenti. Va da sé che comprendere l’importanza dell’aspetto giuridico diventa solo una chiave di lettura, a mio parere la più importante dal momento che è proprio quella a cui il nostro lavoro deve essere finalizzato, che non solo non sminuisce la nostra attività tecnica ma, anzi, la valorizza in quanto ci metterà nelle condizioni di capire quando possiamo ritenere conclusa l’indagine tecnica con i relativi sviluppi. Oltretutto ritenere conclusa l’indagine tecnica non significa necessariamente aver ottenuto un risultato spendibile in termini di massima attendibilità ma può significare anche, proprio alla luce di quelle implicazioni giuridiche di cui dobbiamo tenere conto, avere la certezza di non avere certezze, ovvero poter concludere precisando che la precisione del calcolo possibile è insufficiente a consentire certezze in merito all’operato delle parti e quindi alle loro responsabilità. Sarà certamente il giudice, nella fase finale del giudizio, a valutare se la nostra incertezza tecnica è comunque sufficiente a consentirgli un giudizio o se la serie di ipotesi tecniche che gli abbiamo prospettato lascia troppo margine a qualsiasi interpretazione giuridica. Sarebbe tuttavia un errore aver prospettato troppe soluzioni tecniche proprio per aver ignorato la finalità del nostro lavoro e cioè per non aver preso in considerazione gli aspetti giuridici, avendo magari l’opportunità di attribuire maggiore o minore credito o addirittura credito ragionevolmente determinante a questa o a quella ipotesi.
Impossibile invece dire quali siano le norme giuridiche più spesso richiamate e che è indispensabile conoscere approfonditamente. In termini del tutto generali direi -tutte le norme che sono legate ai comportamenti, -tutte le norme che differenziano l’aspetto colposo dall’aspetto intenzionale, -tutte le norme che nell’aspetto colposo identificano differenziazioni tipologiche e di implicazione.
|
Edited by - PIETRINI on 30/05/2006 19:57:45 |
|
BREDA
2 Messaggi |
Inserito - 28/06/2006 : 08:35:56
|
L'argomento proposto ed esaminato da Pietrini è davvero uno dei più importanti aspetti della nostra professione; egli parla di aspetto giuridico in rapporto all'aspetto tecnico; si tratta della valutazione e del giudizio complessivo (piuttosto che di aspetto giuridico) sull'evento, che viene richiesto al perito, e che comunque il perito tende più o meno consapevolmente ad esprimere. E' indubbio che il perito più cose sa e meglio è, e che DEVE conoscere anche gli aspetti giuridici, per rispondere a quesiti che hanno scopo giuridico; non è questo il problema. Il problema è: deve il perito ricostruttore limitarsi al puro aspetto tecnico, oppure deve dare un giudizio complessivo sulle cause e responsabilità dell'evento? Al recente convegno di Brescia organizzato da ASAIS, ho detto "provocatoriamente": "c'è stato un PM che ha proposto di far conoscere al C.T. solo la posizione finale dei mezzi, nulla sulle testimonianze (perchè non ne fosse influenzato)"; uno dei giudici presente ha subito scosso la teste, ed è intervenuto dicendo che ciò sarebbe assurdo. Ma adesso riporto un altro (uno dei tanti..) esempio, realmente accaduto, e particolarmente paradossale: secondo me si tratta di un "bidone", un incidente falso, in cui però uno dei Coinvolti ha chiamato sul posto i Carabinieri, che ci sono "cascati" e hanno scritto un rapporto; successivamente, il CTU nominato si è rifiutato, in pratica, di esaminare dal punto di vista delle leggi fisiche l’incidente, che era il compito specifico affidatogli dal Giudice, dicendo apertamente "che esiste un rapporto dei Carabinieri il che da solo dimostrerebbe che l’incidente è realmente accaduto"; durante le operazioni peritali, in effetti, il C.T.U. ha ribadito che “il rapporto degli inquirenti fa fede fino a querela di falso” e quindi, se per i Carabinieri l’incidente è realmente successo, è inutile ora metterne in discussione l’accadimento. Nella mia replica ho scritto: "A mio avviso, il tecnico deve ricostruire l’evento indipendentemente dal parere di altri, e anche dei Carabinieri, solo in base a dati di fatto, e in base a dati obiettivi; non solo per questo caso, vale l’esempio dell’esame del sangue eseguito da un tecnico di laboratorio, per determinare il tasso alcoolimetrico di una persona; se quel tecnico determina che il tasso è inferiore al limite, non deve e non può modificare il risultato tecnico-scientifico, solo perché “i Carabinieri avevano detto di aver sentito un alito vinoso”. Nel caso in esame, il C.T.U. non ha nemmeno esaminato, invece, i dati tecnici, e si è accontentato “dell’alito vinoso”, ovvero dell’esistenza di un rapporto che afferma (pur senza prove obiettive sufficienti) che il fatto è accaduto come dichiarato dalle parti.
Il problema però, nasce dalla complessità stessa dell'incidente stradale, che non ha solo aspetti tecnici, ma tecnico-psicologici, ovvero riguarda sia il comportamento dei corpi che quello delle persone; il primo è studiato dalla fisica, il secondo dalla psicologia. Pertanto, il tecnico ricostruttore dovrebbe conoscere innanzitutto la fisica (perchè gli elementi più sicuri e certi sono i dati di fatto "materiali"), poi anche la psicologia relativa al comportamento delle persone coinvolte o testimoni al fatto, infine dovrebbe conoscere necessariamente anche un minimo di norme giuridiche per poter valutare il rapporto tra fatti esaminati e norme specifiche relative a quel caso.
Nella sua perizia, comunque, dovrebbero essere distinti i tre aspetti, in modo che il lettore possa valutarli separatamente; per esempio, il Giudice potrebbe dare una valutazione giuridica diversa da quella implicita nella relazione del perito; è opportuno che il perito dia: 1)i risultati "fisici", per quello che sono; 2) una valutazione psico-tecnica delle testimonianze di protagonisti e testi (che cosa potevano vedere, se potevano capire o valutare certe fasi dell'incidente, dati i tempi di accadimento e le loro posizioni, ecc.); 3) un suo parere complessivo, fisico-tecnico-giudirico. A questo punto, il Giudice o l'avvocato potranno valutare separatamente i tre aspetti; per il primo, solo un altro tecnico sarà capace di controesaminare e dedurre; per il secondo, si potrà anche (cosa nuova in Italia, ma potrebbe essere il futuro..)chiedere il parere di uno psicologo; per il terzo, il Giudice o l'avvocato potranno fornire anche altre interpretazioni. Attualmente, invece, le valutazioni dei tre tipi sono mescolate nella maggior parte delle perizie; pertanto, il giudice o avvocato che vedono un paio di formule per loro incomprensibili, sono portati a credere che le conclusioni siano la conseguenza solo di quelle formule, e non mettono più in discussione il risultato della perizia. Aspetto con desiderio eventuali repliche.
28/6 Roberto Breda |
|
|
|
Argomento |
|
|
|