R E V I S I O N E A R G O M E N T O |
BRENTONEGO |
Inserito - 02/09/2013 : 10:43:22 Caro Presidente,sottopongo all'attenzione tua e dei colleghi interessati, la presente umile mia dissertazione sulle nozioni di base, sui criteri e metodologie applicative adottabili, nell'uso corretto delle equazioni differenziali, sempre più utilizzate nei software di programmi informatici di simulazione degli incidenti stradali[PC-CRASH della DSD in diverse versioni; PRO-IMPACT; CRASH 3; EDSVS dell'americana MSC che utilizza motore del Nastran,ecc.). E ciò per mantenere le promesse a suo tempo fatte, in alcuni miei articoli, tutti pubblicati sulla rivista mensile "FOLIO" - Organo Ufficiale del Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e Periti Industriali Laureati di Roma. Rivista ancora consultabile sul sito web del CNPI(http://old-www.cnpi.it). Spero esserci riuscito. Per questo, sarebbe utile un tuo commento di matematico per formazione accademica, e specialista Analista/Ricostruttore di incidenti stradali, da sempre impegnato a confrontarsi apertamente con tutti noi colleghi, operanti nel complesso e delicato settore dell'Infortunistica della strada. Per questo ti ringrazionin anticipo. Per la storia, gli studi sulle equazioni differenziali, cominciarono nella seconda metà del Seicento. Per molto tempo però, gli sforzi in questo campo delle scienze matematiche, si limitarono alla ricerca di tecniche e procedimenti per la soluzione di particolari equazioni differenziali. Infatti, i francesi A.C.Clairaut (1713-1765),J.L.R. d’Alembert (1717-1783) e J.L.Lagrange (1736-1813), i fratelli svizzeri Jacques (1654-1705) e Jean (1667-1748) Bernoulli, il loro connazionale L.Euler (Eulero 1707-1783) ed altri, hanno legato i loro nomi a determinati tipi di equazioni. Solo successivamente, grazie soprattutto al francese A.L.Cauchy (1789-1857), al matematico e logico italiano G.Peano (1858-1932), al tedesco R.Lipschitz (1832-1903) ed al contemporaneo russo J.Tamarkine, fu possibile sviluppare una teoria organica e compiuta delle equazioni differenziali. Le equazioni differerenziali, si incontrano quando la soluzione di un problema, consiste nella determinazione NON di un numero, bensì di una funzione. Si pensi per esempio, nel nostro settore professionale, alla traiettoria percorsa da un corpo (mobile) in funzione del tempo, od al valore della velocità od accelerazione possedute dal medesimo mobile, sempre in funzione del tempo. In molti casi infatti, i dati disponibili del problema e le leggi che applichiamo per risolverlo, non permettono di calcolare direttamente la funzione incognita cercata [chiamiamola in generale u(x)], ma consentono solo di ottenere informazioni sulle sue derivate. Per meglio illustrare il concetto testè espresso, facciamo un esempio. Supponiamo di dover determinare la traiettoria percorsa da un corpo (mobile) di massa m. Essa, com’è noto, è una funzione s(t) che descrive la posizione del corpo istante per istante, secondo la legge del moto di Newton: F(t) = ma(t), che mette in relazione le Forze F(t) che agiscono sul corpo all’istante t, che normalmente sono un dato del problema, con l’accelerazione del corpo nello stesso istante t. L’accelerazione, com’è noto, è la derivata della velocità v(t), perché misura la rapidità con cui varia detta velocità e che a sua volta detta velocità, è la derivata della traiettoria s(t), sempre rispetto al tempo t. L’accelerazione come ben risulta quindi, è la derivata seconda della traiettoria s(t). In formula:
a(t) = d2* s(t) / dt2.
Per cui la legge di Newton, è allora un’equazione che lega le forze non direttamente alla traiettoria che noi vogliamo calcolare, ma alla accelerazione, da considerare la sua derivata seconda: d2 *s(t) / dt2 = F(t) / m.
Ne consegue che, nei casi più semplici, per risalire alla funzione che risolve il problema, è sufficiente il calcolo di un integrale: se sappiamo che u’ = f(x), la funzione incognita cercata u è quindi una primitiva della funzione f : u(x) = #61682; f(x) dx + c
Purtroppo, a numerosi problemi non è però possibile applicare questo procedimento: precisamente quando i valori della derivata u’ dipendono anche dai valori della funzione u (che è incognita!). In questo caso non è possibile il calcolo dell’integrale, poiché la funzione da integrare è incognita anch’essa. Altro esempio: consideriamo la caduta aerea frenata di un corpo (mobile) di massa m (come potrebbe essere un paracadutista). Ci interessa calcolare, ad ogni istante di tempo, la velocità di caduta del corpo v(t). La legge del moto di Newton ( F = m*a) stabilisce che il prodotto della massa per la sua accelerazione ( a= dV/dt ), è uguale alla somma vettoriale (risultante) delle forze agenti sul corpo. Tali forze sono il peso m*g del corpo (g=9,81 m/s2 è l’accelerazione di gravità), che spinge il corpo a cadere verso il basso, e la resistenza dell’aria kv(t) ( ove k è il coefficiente di penetrazione aerodinamica del corpo), che ne ostacola la caduta. L’equazione a cui è soggetta la funzione incognita v(t), è allora:
m*dv(t)/dt = m*g – kv(t)
Relazioni di questo tipo, sono equazioni: in esse compare la grandezza incognita (traiettoria/spazio percorso dal corpo; velocità da esso posseduta,ecc.) che si conta di determinare. Si tratta però di equazioni di tipo diverso da quelle normalmente applicate, giacchè: • l’incognita non è una costante ma una funzione (per esempio del tempo t); • nell’equazione compare la funzione incognita assieme alle sue derivate. Le equazioni di questo tipo, si chiamano equazioni differenziali. Esse si suddividono in ordinarie, laddove la funzione incognita dipende da una sola variabile. Oppure in equazioni differenziali alle derivate parziali ( o di Eulero), nelle quali compaiono derivate della funzione incognita rispetto a più variabili ( per es. nello studio della propagazione della radiazione elettromagnetica (onde radio,radiazione visibile,raggi X,ecc).si ottengono equazioni differenziali che contengono le derivate seconde del campo elettrico sia rispetto al tempo t, sia rispetto alla loro posizione nello spazio di coordinate x,y,z ). Si chiama ordine di un’equazione differenziale, l’ordine di derivata massimo che vi compare (primo ordine = derivata prima; secondo ordine = derivata seconda,ecc.). Si chiama soluzione o integrale di un’equazione differenziale, una qualsiasi funzione reale che soddisfa l’equazione stessa, cioè che – sostituita nell’equazione – la trasforma in una identità. E’ importante sottolineare che, in generale, un’equazione differenziale ammette un numero infinito di soluzioni. Si chiama soluzione generale di un’equazione differenziale, un’espressione contenente parametri c1..c2…….cn :
u = #61546; (x,c1,c2,…..cn)
che, al variare dei parametri, descrive tutte e sole le soluzioni dell’equazione differenziale studiata. Infatti l’integrale generale di un’equazione differenziale di ordine n contiene esattamente n parametri. Si chiama invece soluzione particolare di un’equazione differenziale, la funzione ottenuta sostituendo dei valori qualsiasi ai parametri c1, c2……cn nell’integrale generale dell’equazione. Pertanto in genere, quando si risolve un’equazione differenziale, si perviene all’integrale generale dell’equazione. Nel risolvere i problemi concreti, per determinare la soluzione particolare adatta agli stessi, è necessario conoscere alcune condizioni che la soluzione deve soddisfare (per es. il valore della funzione, o delle sue derivate, in uno o più punti del sistema studiato). Poiché l’integrale generale di un’equazione di ordine n contiene n parametri, occorrono n soluzioni per selezionare un’unica soluzione (quella cercata). Tali condizioni, se esistono, vengono dette condizioni iniziali o condizioni di contorno, ovviamente fissate a priori dall’operatore. In generale quindi, nel caso in cui una equazione differenziale abbia più soluzioni, per determinarne una, bisognerà assegnare delle ulteriori condizioni, la cui natura dipende di solito dal problema studiato e che ha dato origine all’equazione stessa. Quando l’ulteriore condizione consiste nel richiedere che la soluzione assuma, insieme con le sue derivate, assegnati valori in un punto prefissato, si dice che si è posto il problema di Cauchy. Per cui, laddove l’equazione risulti definita in un determinato intorno (per n+1 dimensionale) di un assegnato punto, ciò significa che esiste ed è unica la soluzione del problema di Cauchy per l’equazione data (teorema di esistenza e di unicità della soluzione per il problema di Cauchy). Per far questo, esistono vari metodi di risoluzione del problema di Cauchy per la dimostrazione del teorema di esistenza ed unicità della soluzione cercata, i quali forniscono contemporaneamente la maniera di costruire delle approssimazioni della soluzione (metodo elementare; metodo di approssimazioni successive; sistemi di equazioni differenziali ordinarie,ecc.). Tali importanti metodi, hanno permesso successivamente ad altri studiosi della materia, di poter elaborare un apparato matematico più sofisticato (calcolo delle variazioni; equazioni differenziali alle derivate parziarli,ecc.), molto utile per il passaggio dalla meccanica classica (v. leggi del moto di Newton), alla meccanica quantistica (principio di azione e relative equazioni di Hamilton; equazioni di Lagrange,ecc.). Campi di studio – com’è facile intuire - vasti ed interessanti, che si lasciano all’applicazione e sperimentazione individuale, di chi ha avuto la pazienza di leggerci e seguirci sin qui. E qui stà il problema per chi utilizza senza la necessaria serietà e professionalità o peggio in malafede, software dedicati o programmi di qualsivoglia altra natura, ricostruttivi della meccanica di un incidente stradale, che utilizzano queste particolari equazioni. Ecco dimostrato quindi, sul piano scientifico e logico-pratico, che casi simili a quello da me vissuto personalmente e narrato sul nr.01/2006 della rivista FOLIO a pag.24, succedono purtroppo nel nostro delicato settore professionale ancora oggi, e molto più spesso di quello che si possa pensare. La realtà ha dimostrato infatti che, in questi casi i programmi utilizzati dal Consulente risultano assolutamente inaffidabili, tant’è che mai sono certificati in Italia. E questo poiché, anziché generare e prospettare dati e/o soluzioni che siano frutto di rigorosa elaborazione scientifica, partendo da elementi di fatto precisi, obiettivi ed incontrovertibili, consente l’inserimento (imput) di svariati parametri e dati ex ante, non mai direttamente rilevati, accertati e/o accertabili sperimentalmente, cui invece una corretta ed irreprensibile attività peritale (rigorosamente incardinata cioè, su un corretto modello fisico-matematico di calcolo approvato, condiviso e testato nel tempo dalla comunità scientifica di appartenenza), dovrebbe pervenire. Sul punto cfr.altro Ns articolo, pubblicato per intero sul sito web del collega per.ind.Gaetano Esposito di Napoli (http://www.gaetanoesposito.org), giacchè inspiegabilmente sul nr.10/2006 di FOLIO – pagg.46 e ss., ne era stata pubblicata solo la 1^parte. Per consultare gli altri numeri della rivista FOLIO più volte citata, si consiglia visitare il sito web del CNPI di Roma (http://old-www.cnpi.it), link COMUNICAZIONE #61614; FOLIO. E’ doveroso da parte mia altresì, far presente che sul citato sito del CNPI –oltre ai nrr.01-07/08 e 10/2003 – non sono presenti altri numeri, oggetto di citazioni in altri articoli pubblicati dalla rivista in narrativa.
Per.ind.Luciano Brentonego – associato ASAIS nr.039
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